Nato nella prima metà del secolo scorso conquista l’apice del successo tra gli anni ’30 e ’40. I primi musicisti e altre curiosità
Patria dei blue jeans e di praticamente tutte le mode occidentali da settant’anni a questa parte, gli Stati Uniti sono reputati la culla di innumerevoli generi musicali, ormai popolarissimi in ogni parte del mondo: jazz, blues e rock ‘n roll, arrivando fino al più recente rap. In questo articolo andiamo ad esaminare la genesi di uno dei generi musicali più caratteristici di un’intera epoca: lo swing.
Nome che richiama il ballare (swing sta letteralmente per “oscillare” o anche “dondolare“), lo swing nasce nella prima metà del secolo scorso: siamo alla fine degli anni ’20 e negli States si respira un’aria pesante. La Grande Depressione, la cosiddetta crisi del ’29, ha sconvolto le sorti degli americani e dell’economia globale. La crescita economica – prima impetuosa ed ottimista – e l’industrializzazione hanno lasciato improvvisamente il posto ad una grande incertezza.
In questo scenario di grande contraddizione nascono i primissimi complessi swing: nato da una costola del jazz, lo swing rappresenta la volontà di cambiamento e di innovazione di una società comunque in pieno fermento. Tra le città che hanno avuto inizialmente un ruolo importante troviamo sicuramente New Orleans, nella quale si praticava una variante che prendeva il nome di Hot Jazz.
Ma i veri poli del genere furono New York e Kansas City: due contesti cittadini e musicali completamente diversi. Storicamente Kansas City e New York sono le città nelle quali si distinsero rispettivamente Count Basie (musicista dagli echi fortemente blues) e Duke Ellington. In particolare la musica di quest’ultimo, considerato ancora oggi uno dei massimi esponenti del genere, era caratterizzata da un’attenta conoscenza che – secondo alcuni – sarebbe da ricondurre alla musica sinfonica.
Ad ogni modo: iniziano ad affermarsi alcune innovazioni musicali che si innervano nel tessuto musicale preesistente, di fatto mutandolo. I brani jazz diventano più movimentati e ballabili, più attenti alla sezione ritmica. La formazione swing, il cui numero dei componenti poteva oscillare dai 3-4 fino addirittura a 20 o 25 musicisti, era generalmente composta dai seguenti strumenti: piano, batteria, chitarra e contrabbasso. Ovviamente, nelle big band e non solo, si aggiungevano sovente i sassofoni, che gradualmente presero il posto dei clarinetti. Anche il banjo scomparve, come abbiamo visto sostituito dalla chitarra; otre ai sassofoni troviamo inoltre fiati come trombe e tromboni.
Caratterizzato – notoriamente – da una forte vocazione per l’improvvisazione, il contesto di fruizione dello swing era quello delle grandi sale da ballo, il cui business ricevette – perlomeno prima del ’29 – una vertiginosa impennata. Il ballo: un elemento imprescindibile. Si diffuse un vero e proprio modo di ballare lo swing; un modo di ballare più consono e giovanile che prese il nome di Lindy Hop. Caratterizzato da movenze e passi mutuati dal Charleston e dal Collegiate, il Lindy Hop presenta affinità anche col più tardivo Rock And Roll. Nato intorno al 1927 per impulso di George S. Snowden, il nuovo ballo divenne rapidamente un rito collettivo per i giovani americani.
Nato come un genere musicale a forte connotazione etnica, nei decenni successivi dello swing si appropriarono anche complessi musicali composti da membri esclusivamente bianchi. Lo ‘White swing’ rese conformista e mainstream il genere primario, facendolo approdare ad Hollywood e sul grande schermo. Divenuto molto popolare tra la seconda metà degli anni ’30 fino al decennio successivo, tra gli artisti che più si distinsero possiamo ricordare Benny Goodman e la sua big band. Il brano Sing, Sing, Sing divenne un vero e proprio cult; altro classico da ricordare è sicuramente It don’t mean a thing di Duke Ellington: un brano ripetuto alla stregua di un mantra. Tra i rappresentanti più autorevoli del genere ricordiamo anche Tommy Dorsey e Jimmy Dorsey, Glenn Miller e Harry James.
Con la fine del secondo conflitto mondiale lo swing scomparve progressivamente, lasciando il posto al Bebop e poi alla feconda stagione del Rock And Roll. Tuttavia persino in Italia il genere conobbe un periodo di popolarità: basti pensare a Fred Buscaglione, un autore che raggiunse una certa fama negli anni ’50, componendo brani che hanno segnato un’epoca per il Belpaese. Fra questi ricordiamo “Che bambola”, “Teresa” non sparare e “Eri piccola così”.