Il Jazz, nato a New Orleans agli inizi del secolo scorso, ha legami con l’Italia precedenti a quando effettivamente sbarcò in Europa. Alle origini il genere prendeva la forma di canzoni da lavoro, utilizzato quindi per dare il ritmo durante le fatiche nelle piantagioni o nella costruzione di strade e ferrovie. A fare certi lavori non mancavano gli emigrati italiani, i quali contribuirono allo sviluppo della musica facendo conoscere gli strumenti della loro tradizione, in particolare delle bande di paese.
Le prime tracce sul territorio del nostro Paese vengono fatte risalire al 1904, quando al teatro Eden di Milano si esibì un gruppo di ballerini creoli, i quali vennero presentati come i creatori del catwalk. Per poter ascoltare invece il primo jazzista italiano si è dovuto attendere il 1917: fu Vittorio Spina a Roma a esibirsi con il banjo insieme alla band del sergente dei marines Griffith. Due anni dopo invece arrivò la prima incisione: sul lato A fu incisa At the Jazz Band Ball dell’Original Dixieland Jazz Band, dal lato B Livery Stable Blues di Ray Lopez e Alcide Nunez, eseguite entrambe in quella occasione dall’orchestra del teatro Trianon di Milano.
Le prime band italiane nacquero negli anni Trenta, tra le quali le più popolari erano quella di Arturo Agazzi, detto Mirador, e il Quartetto Andreis. In quegli anni il jazz si fece un grande nemico, il fascismo, il quale mal considerava tutto ciò che era straniero, compreso quindi la musica americana nata da un popolo considerato inferiore. In questo contesto fu importante anche la figura del compositore e fisarmonicista Gorni Kramer, pseudonimo di Francesco Kramer Gorni. Nonostante la censura aveva conosciuto il jazz grazie a colleghi orchestrali che lavoravano su transatlantici che collegavano l’Europa all’America. Egli diede un gran contributo nei primi passi dello swing italiano.
Nonostante le politiche nazionaliste, nel 1935 Louis Armstrong si esibì in Italia aumentando la popolarità del jazz, tour che replicò nel 1949 e 1952, incidendo anche alcuni pezzi con Nunzio Rotondo e Nini Rosso. Tra il 1937 e il 1941 vennero anche alla luce le prime etichette discografiche dedicate strettamente al jazz, come Cetra, Fonit, La Voce del Padrone e Odeon.
I bombardamenti della seconda Guerra Mondiale purtroppo distrussero parecchi dischi di quei tempi, tanto che oggi il materiale sopravvissuto è considerato oro dai collezionisti. Caduta la dittatura, nel 1945 nacque La galleria del Jazz, primo programma radiofonico nostrano a tema che fece conoscere il genere musicale al grande pubblico d’Italia.
Nel dopo guerra tanti stili americani come bebop, il free jazz e il fusion trovano terreno fertile anche in Italia, con vari performer di successo come il citato Gorni Kramer, Julia de Palma, Giogio Gaslini, Lelio Luttazzi, Franco Cerri, Bruno Martino e Frank Buscaglione. Oltre a questi a spiccare fu soprattutto Natalino Otto, nome d’arte di Natalino Codognotto, tra i padri del swing italiano che portò nel nostro Paese tutto ciò aveva appresso nei suoi trascorsi americani, senza scordarsi di Frank Buscaglione.
Dal 1955 al 1966 a Sanremo, parallelamente al festival della canzone italiana, è stato organizzato il Festival Internazionale del Jazz di Sanremo, fondato dai critici di jazz Arrigo Polillo e Pino Maffei. Oggi le manifestazione più importanti sono il Pescara Jazz e l’Umbria Jazz, che negli anni d’oro fu definita la Woodstock jazz italiana. Quest’ultimo festival è nato nel 1973 e si svolge annualmente nel mese di luglio a Perugia, nel quale trovano spazio si artisti italiani che stranieri. Il moltiplicarsi dei festival e degli artisti è stato il sintomo di come il jazz e le sue derivazioni abbiano conquistato tutta la nostra penisola, un genere ancora oggi più che mai stabile nella cultura italiana, che chissà quali altri talenti ci farà conoscere in futuro.
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