La nascita del Boogie Woogie, inteso non come ballo ma come musica, viene fatta risalire agli ultimi decenni dell’Ottocento, prima ancora che si sviluppasse il jazz. In Texas in quegli anni c’era alta richiesta di lavoratori per costruire le prime ferrovie, molti di essi erano afroamericani e nel dopo lavoro si recavano in accampamenti creati appositamente per loro vicino alle stazioni.
In esse c’erano i cosiddetti juke joint, bettole in cui si mangiava accompagnati dalla musica di pianoforte. Al musicista toccava suonare anche per ore di fila, così pigiava i tasti soprattutto con la mano sinistra con la tecnica di basso tipica del blues, così da avere la destra libera per mangiare e bere. Rispetto al blues il ritmo era però più alto, rassomigliava a quello della musica jazz.
Oltre che nei bar i pianoforte venivano trasportati e suonati addirittura sui treni. Dato che in viaggio il rumore degli assi sui binari disturbava la melodia, i musicisti sfruttarono il suono gestendo il ritmo in modo tale che la loro musica lo coprisse. Da questo aneddoto nacque il nome del genere musicale visto che i carrelli ferroviari si chiamavano bogies, che si evolse in Boogie Woogie.
I viaggi dei musicisti erano anche il modo in cui la musica si diffuse dal Texas, i quali ovunque andassero improvvisavano contribuendo a farlo conoscere. Si suonava solo con il pianoforte, privo di spartiti e di canali di diffusione ufficiali, Al di là delle improvvisazioni, il primo brano scritto è del 1927, ovvero Honky Tonk Train Blues, del compositore statunitense Meade Lux Lewis. L’anno successivo Pinetop Smith, uno degli interpreti più famosi di allora, scrisse un brano chiamato Pinetop’s Boogie Woogie, mettendo nel titolo per la prima volta il nome del genere fece sì che divenisse di dominio pubblico.
Negli anni Trenta, pur in espansione, era ancora un genere limitato soprattutto agli afroamericani. Fu verso la fine di quel decennio che il genere travalicò i confini razziali, grazie al concerto From Spiritual to Swing presentato da John Hammond al Carnegie Hall di New York nel 1938. Ebbe un enorme successo e da quel momento si iniziò a ballare il Boogie Woogie ovunque, con giornali e radio che cavalcarono il fenomeno.
Anche le jazz band iniziarono a inserire nel loro repertorio pezzi di quel genere, influenzando pure artisti bianchi come Louis Prima e Glen Miller. Quest’ultimo sfortunato compositore si arruolò nell’esercito della Seconda Guerra Mondiale e fu anche messo a capo di un’orchestra militare suonando per le truppe al fronte musica Swing e Boogie Woogie, ma morendo in un incidente aereo durante il conflitto. Nel dopo guerra il genere perse popolarità, ma ne ispirò altri come il Country, Rockabilly e il Rock&Roll.
Negli anni Quaranta il celebre pittore olandese Piet Mondrian dedicò dei dipinti al Boogie Woogie, di fatti le sue ultime tele si chiamano Broadway Boogie-woogie e Victory-Boogie-woogie, mentre da noi in Italia circa dieci anni dopo fu l’artista Renato Guttuso a dare il nome Boogie-woogie a una sua opera.
Le caratteristiche come musica e come ballo
Il Boogie Woogie viene suonato prevalentemente con il pianoforte, ha un accompagnamento di basso che viene eseguito con la mano sinistra, mentre la destra fa i cosiddetti abbellimenti, ovvero gruppi di note accessorie, non strutturali ma decorative, più improvvisate.
Il ritmo è vivace, più rapido rispetto al blues, più vicino ad altre musiche jazz come il ragtime e lo stride. Talvolta viene definito eight to the bar, facendo riferimento alla suddivisione delle otto note del basso.
Come ballo si è cercato di codificarlo con difficoltà negli anni Quaranta, ma è risultato un ballo di coppia frutto dell’improvvisazione, che non bada a costruire sequenze predefinite. Esso si basa su passi presi da altre tipologie di Swing, come il Lindy Hop, il Collegiate Shag, il Balboa, il Jitterbug e tanti altri ancora. Si tratta quindi di un ballo di coppia adatto a tutti, in cui l’uomo guida ma senza l’obbligo di rispettare rigide successioni di passi, con la posizione dei due ballerini che può essere aperta, chiusa o anche dandosi la spalle.